INFORMAZIONI SU QUESTO LIBRO-BLOG

Questa storia narra di dieci anni vissuti da Katia e da Giuliano.
Il racconto è un "binario", costruito a "doppi capitoli", scritti individualmente dai due autori.
Ogni anno raccontato, dal 2003 al 2013, racchiude cinque capitoli, al termine dei quali,
si conclude un paragrafo e sono pubblicate delle immagini inerenti gli stessi capitoli.
Il libro, nel suo complesso, avrà pertanto 10 paragrafi, composti da 5 doppi capitoli ciascuno.
La pubblicazione di ogni nuovo capitolo avviene senza un tempo determinato, essendo attualmente in fase di creazione.

p.s.: non possiamo essere responsabili della traduzione tramite google che, purtroppo, risulta NON essere completamente compatibile con il testo originale in lingua italiana.

contatto:emaildiecianni@gmail.com
Grazie per seguirci.
Katia & Giuliano

domenica 11 maggio 2014

Capitolo 16 - Fiducia


Capitolo 16 - Fiducia

Il volo per il ritorno in Brasile, partiva alle sei del mattino da Milano.
Giuliano non aveva più la sua macchina perciò dipendevo unicamente dai treni, per arrivare all’aeroporto di Malpensa.
Però, come Cenerentola, anch’io ero prigioniera degli orari.
Non esisteva nessun treno che partisse da Genova verso Milano capace di farmi arrivare in tempo all’imbarco.
Non volevo perdere l’ora e vedere i miei vestiti diventare stracci e la mia carrozza trasformarsi in una zucca: una zucca con il tempo scaduto dalla Legge italiana!
Una zucca clandestina!
L’unico modo era partire da Genova la sera prima e questo significava dover passare tutta la notte all’aeroporto, con tutto quell’ingombrante bagaglio, e da sola.

Ormai non mi spaventavano più le porte che si aprivano da sole, nè le commesse italiane con il mento rivolto verso l’alto, che nervosamente sistemavano le rumorose tazzine di caffè.
Piano piano, cominciavo a capire quel mondo strano e poi avevo comunque passato uno splendido soggiorno in quel Paese tanto amato.
Insieme a quell’uomo avevo realizzato delle cose talmente belle che potevo permettermi un ultimo piccolo sacrificio.
Eravamo insieme in treno ed il paesaggio diventava sempre più brutto, man mano che ci  avvicinavamo a Milano.
Anche le persone diventavano sempre più grigie.

Giuliano aveva un pò di preoccupazione per la mia nottata all’aeroporto, ma tutta la sua concentrazione era rivolta ai progetti da svolgere in Brasile e si mise a raccomandare su tutto ciò che avrei dovuto fare al mio rientro.
Dopo il risultato positivo della mostra dei cinque artisti brasiliani a Genova, lui era pieno di coraggio e adesso voleva realizzare un interscambio ancora più grande: trenta artisti brasiliani e trenta genovesi riuniti in una mostra per scopi solidali.
Inoltre avremmo dovuto realizzare la mostra di “Sotto il cielo, Nuvole” nella gigantesca Città di Sao Paolo!
Sarebbe stato un passo importante per la nostra associazione e per lo sviluppo della nostra creatività.
Dovevo preparare tutto questo, prima del suo ritorno ad Atibaia previsto per l’aprile successivo.
Ma non sentivo nulla di quello che lui mi diceva.
Vedevo solo il movimento dei suoi baffi e sembrava veramente che fossimo come due trapezisti di circo che saltavano a vicenda.
Saltavamo da un Paese all’altro continuamente, con un oceano in mezzo e senza la rete di protezione!

Quando lui mi lasciò, quell’aeroporto divenne immediatamente brutto e avrei voluto corrergli dietro, ma questo impulso durò un attimo, poi la mia follia si calmò.
Sentii allegria per il mio coraggio perché era la prima volta che non avevo paura.
Da sola, cominciai a ridere della nostra storia.
Era la più strana storia d’amore che avevo mai vissuto, tra aeroporti, treni, olive e favelas brasiliane.
Una storia che mi procurava non solo un grande sviluppo personale, ma anche quello economico, perché ogni anno dovevo avere i soldi sufficienti per un nuovo biglietto aereo!
Senza contare le spese per le telefonate internazionali!
Nulla poteva oscurare quella felicità, per quello che stavo facendo, in quel momento.
Avevo una vita piena di sfide ed un lavoro capace di realizzare dei sogni collettivi.
Nemmeno le difficoltà, come le crescenti ostilità nella mia città, la convivenza con il fantasma della “Signora del Danubio”, le mie sensazioni di inadeguatezza ed i naturali conflitti relazionali con quell’uomo, erano sufficienti ad ostacolare il mio camminare.
Ero felice e riuscii a dormire abbracciata alle opere degli artisti brasiliani, da me custodite.

Appena arrivata in Brasile mi recai subito a Sao Paolo, per un appuntamento con l’Istituto Italiano di Cultura, un’ente collegato al Consolato Italiano in Brasile.
Camminavo con un mescolare d’allegria e paura.
Quando arrivai davanti al portone d’ingresso, non riuscii ad entrare.
Prima dovevo convincere il mio cuore a pulsare normalmente, mi sembrava che tutti potessero sentirlo da lontano, tanto era scombussolato.
Nonostante fosse un incontro di conferma per la realizzazione della mostra (Giuliano aveva già incontrato il responsabile in precedenza), fu per me molto difficile.
In quel luogo l’aria aveva l’odore del potere e, in un siffatto posto, non erano minimamente apprezzati i modi goffi e clowneschi di una persona, non era ammessa nessuna debolezza.
Comunque, e non so come, riuscii a raggiungere il mio obbiettivo!
Mi confermarono che la mostra si sarebbe fatta e fissarono un nuovo appuntamento con Giuliano, stabilito al suo arrivo a Sao Paulo!
Corsi fuori e saltellavo per la strada, ricolma di gioia!
E senza calpestare nessuna delle tante persone che dormivano per terra.

Mentre aspettavo l’autobus per il ritorno ad Atibaia aprii un giornale ed ebbi uno shock!
Il padrone del Circo, del mio Circo, quello che avevo inseguito per tutta l’Italia, il mio maestro, che ho sempre desiderato rivedere, in quel momento era a Sao Paulo per una serie di spettacoli!
Ed era ospite a casa di una mia vecchia amica dei tempi dell’università, che ora si occupava di produzione teatrale.
Era arrivato il momento di un lungo ed attesissimo incontro!?
Appena arrivata a casa, mi feci un bagno di rose bianche per calmare il cuore.
Erano cinque anni e mezzo che aspettavo di rivederlo, male ci riuscivo a credere!
Presi il telefono e mi cadde dalle mani, per il tremore.
Respirai e riprovai nuovamente.
Chiamai.
Rispose lei, la mia amica, con una voce dolce di plastica e metallo, e mi sembrò un’infermiera monosillabica, e poi attesi per un intervallo infinito: lei lo stava chiamando!
Sentii un mormorio, poi i passi di qualcuno che si avvicina e ancora un suono più vicino…pensai di buttare giù il telefono per la paura, ma per prima arrivò la voce del padrone del Circo.
Aveva un tono seccato e, in pochi secondi, mi congedò.

Rimasi con la cornetta in mano, per un tempo sospeso dal tempo.
Nella mia testa la sua voce seccata si contrastava a quell’altra, quella dei miei ricordi, quando sulla pista del circo annunciò che l’anno seguente avrebbero pagato, loro, il mio biglietto aereo affinché potessimo ritornare insieme e ridare al pubblico tanta gioia, come già avevo fatto.
Tutto il pubblico e loro stessi, applaudirono emozionati ed io piansi senza ritegno.
Adesso piangevo nuovamente, ma non di gioia, ma per lo schianto al suolo, senza preavviso.
E’ stato necessario un lungo tempo per rielaborare questa esperienza e cogliere la sua perla di saggezza, e ce l’ho fatta.
Come diceva mia nonna materna: “prima o poi, tutto esce nella cacca.”

Comunque, in quell’esatto momento, anche se molto confusa, intuivo che ero davanti a qualcuno che si era lasciato travolgere dalle acque del Potere.
E proprio nello stesso anno, avrei vissuto un impattante viaggio attraverso le forme del Potere.
Nei trecento giorni a venire, avrei conosciuto questa strana forza capace di mutare le persone e tutt’intorno.
Quante cose belle sono state stroncate davanti al desiderio di Potere.
Quante città inginocchiate davanti alla figura e ai desideri di un Sindaco, o piegate dagli interessi di un gruppo di poche persone.
Quante “favelas” esistono  in conseguenza a questo sistema di cose.
E, dentro le baracche, presto si impara a riconoscere e utilizzare il potere per sopravvivenza, sia con la via della violenza, sia con quella della religione.
Quanti progetti di arte deviati, appassiti, distrutti per i capricci di un singolo o di un pugno di artisti, di direttrici, di “responsabili” che comandano gli spazi e le attività.

Nel 2006 la nostra associazione ha fatto grandi passi di crescita.
E’arrivata a relazionarsi con importanti Entità, Amministrazioni Pubbliche e organizzazioni.
Ed è entrata nel fondo del cuore della favela.
Noi due abbiamo conosciuto tante persone ambiziose e ossessionate dal Potere.
Abbiamo scoperto, con amarezza, le forme meschine di potere presente in Enti “Filantropiche”, nelle scuole, in organizzazioni che vantavano scopi umanitari.
E, devo ammettere, anche noi siamo stati attratti da questa “forza”.
Così, ad un tratto, ci trovammo ad un bivio.
E scegliemmo l’aspetto positivo, del Potere.
Il potere come forza motrice, creativa e selvatica capace di connettere e non dividere le persone. Quello capace di creare, e non distruggere la Vita.
Quello capace di Umanità, di essere collegato con i desideri profondi delle Anime.
Questa scelta è stata decisiva per il futuro dell’associazione.
Con questo principio perdemmo tanti “amici” e collaboratori lungo il cammino e così come perdemmo le opportunità per un “prestigio sociale” e sostegni economici.

Ancora oggi, quando prendo un caffè insieme a Giuliano, lo guardo mentre lui non mi vede e mi sento felice per le nostre scelte.
Vicini e avvolti dal fumo delle tazzine bollenti, nel nostro silenzio condiviso, vedo che abbiamo perduto tanto, ed è stato fantastico perché, se non avessimo fatto questo, non avremo mai imparato a vivere.
Senza questo, non ci sarebbe rimasto nessuno spazio per l’Amore.


Katia

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