Capitolo 16 - Fiducia
Il volo per il ritorno in
Brasile, partiva alle sei del mattino da Milano.
Giuliano non aveva più la sua
macchina perciò dipendevo unicamente dai treni, per arrivare all’aeroporto di
Malpensa.
Però, come Cenerentola, anch’io
ero prigioniera degli orari.
Non esisteva nessun treno che
partisse da Genova verso Milano capace di farmi arrivare in tempo all’imbarco.
Non volevo perdere l’ora e vedere
i miei vestiti diventare stracci e la mia carrozza trasformarsi in una zucca:
una zucca con il tempo scaduto dalla Legge italiana!
Una zucca clandestina!
L’unico modo era partire da
Genova la sera prima e questo significava dover passare tutta la notte
all’aeroporto, con tutto quell’ingombrante bagaglio, e da sola.
Ormai non mi spaventavano più le
porte che si aprivano da sole, nè le commesse italiane con il mento rivolto
verso l’alto, che nervosamente sistemavano le rumorose tazzine di caffè.
Piano piano, cominciavo a capire
quel mondo strano e poi avevo comunque passato uno splendido soggiorno in quel
Paese tanto amato.
Insieme a quell’uomo avevo
realizzato delle cose talmente belle che potevo permettermi un ultimo piccolo
sacrificio.
Eravamo insieme in treno ed il
paesaggio diventava sempre più brutto, man mano che ci avvicinavamo a Milano.
Anche le persone diventavano
sempre più grigie.
Giuliano aveva un pò di
preoccupazione per la mia nottata all’aeroporto, ma tutta la sua concentrazione
era rivolta ai progetti da svolgere in Brasile e si mise a raccomandare su
tutto ciò che avrei dovuto fare al mio rientro.
Dopo il risultato positivo della
mostra dei cinque artisti brasiliani a Genova, lui era pieno di coraggio e
adesso voleva realizzare un interscambio ancora più grande: trenta artisti
brasiliani e trenta genovesi riuniti in una mostra per scopi solidali.
Inoltre avremmo dovuto realizzare
la mostra di “Sotto il cielo, Nuvole”
nella gigantesca Città di Sao Paolo!
Sarebbe stato un passo importante
per la nostra associazione e per lo sviluppo della nostra creatività.
Dovevo preparare tutto questo,
prima del suo ritorno ad Atibaia previsto per l’aprile successivo.
Ma non sentivo nulla di quello
che lui mi diceva.
Vedevo solo il movimento dei suoi
baffi e sembrava veramente che fossimo come due trapezisti di circo che
saltavano a vicenda.
Saltavamo da un Paese all’altro
continuamente, con un oceano in mezzo e senza la rete di protezione!
Quando lui mi lasciò,
quell’aeroporto divenne immediatamente brutto e avrei voluto corrergli dietro,
ma questo impulso durò un attimo, poi la mia follia si calmò.
Sentii allegria per il mio
coraggio perché era la prima volta che non avevo paura.
Da sola, cominciai a ridere della
nostra storia.
Era la più strana storia d’amore
che avevo mai vissuto, tra aeroporti, treni, olive e favelas brasiliane.
Una storia che mi procurava non
solo un grande sviluppo personale, ma anche quello economico, perché ogni anno
dovevo avere i soldi sufficienti per un nuovo biglietto aereo!
Senza contare le spese per le
telefonate internazionali!
Nulla poteva oscurare quella felicità,
per quello che stavo facendo, in quel momento.
Avevo una vita piena di sfide ed
un lavoro capace di realizzare dei sogni collettivi.
Nemmeno le difficoltà, come le
crescenti ostilità nella mia città, la convivenza con il fantasma della “Signora
del Danubio”, le mie sensazioni di
inadeguatezza ed i naturali conflitti relazionali con quell’uomo, erano
sufficienti ad ostacolare il mio camminare.
Ero felice e riuscii a dormire
abbracciata alle opere degli artisti brasiliani, da me custodite.
Appena arrivata in Brasile mi
recai subito a Sao Paolo, per un appuntamento con l’Istituto Italiano di
Cultura, un’ente collegato al Consolato Italiano in Brasile.
Camminavo con un mescolare
d’allegria e paura.
Quando arrivai davanti al portone
d’ingresso, non riuscii ad entrare.
Prima dovevo convincere il mio
cuore a pulsare normalmente, mi sembrava che tutti potessero sentirlo da
lontano, tanto era scombussolato.
Nonostante fosse un incontro di
conferma per la realizzazione della mostra (Giuliano aveva già incontrato il
responsabile in precedenza), fu per me
molto difficile.
In quel luogo l’aria aveva
l’odore del potere e, in un siffatto posto, non erano minimamente apprezzati i
modi goffi e clowneschi di una persona, non era ammessa nessuna debolezza.
Comunque, e non so come, riuscii
a raggiungere il mio obbiettivo!
Mi confermarono che la mostra si
sarebbe fatta e fissarono un nuovo appuntamento con Giuliano, stabilito al suo
arrivo a Sao Paulo!
Corsi fuori e saltellavo per la
strada, ricolma di gioia!
E senza calpestare nessuna delle
tante persone che dormivano per terra.
Mentre aspettavo l’autobus per il
ritorno ad Atibaia aprii un giornale ed ebbi uno shock!
Il padrone del Circo, del mio
Circo, quello che avevo inseguito per tutta l’Italia, il mio maestro, che ho
sempre desiderato rivedere, in quel momento era a Sao Paulo per una serie di
spettacoli!
Ed era ospite a casa di una mia vecchia amica dei tempi dell’università, che ora si occupava di produzione teatrale.
Ed era ospite a casa di una mia vecchia amica dei tempi dell’università, che ora si occupava di produzione teatrale.
Era arrivato il momento di un
lungo ed attesissimo incontro!?
Appena arrivata a casa, mi feci
un bagno di rose bianche per calmare il cuore.
Erano cinque anni e mezzo che
aspettavo di rivederlo, male ci riuscivo a credere!
Presi il telefono e mi cadde
dalle mani, per il tremore.
Respirai e riprovai nuovamente.
Chiamai.
Rispose lei, la mia amica, con
una voce dolce di plastica e metallo, e mi sembrò un’infermiera monosillabica,
e poi attesi per un intervallo infinito: lei lo stava chiamando!
Sentii un mormorio, poi i passi
di qualcuno che si avvicina e ancora un suono più vicino…pensai di buttare giù
il telefono per la paura, ma per prima arrivò la voce del padrone del Circo.
Aveva un tono seccato e, in pochi
secondi, mi congedò.
Rimasi con la cornetta in mano,
per un tempo sospeso dal tempo.
Nella mia testa la sua voce
seccata si contrastava a quell’altra, quella dei miei ricordi, quando sulla
pista del circo annunciò che l’anno seguente avrebbero pagato, loro, il mio
biglietto aereo affinché potessimo ritornare insieme e ridare al pubblico tanta
gioia, come già avevo fatto.
Tutto il pubblico e loro stessi,
applaudirono emozionati ed io piansi senza ritegno.
Adesso piangevo nuovamente, ma
non di gioia, ma per lo schianto al suolo, senza preavviso.
E’ stato necessario un lungo tempo per rielaborare questa
esperienza e cogliere la sua perla di saggezza, e ce l’ho fatta.
Come diceva mia nonna materna: “prima o poi, tutto esce
nella cacca.”
Comunque, in quell’esatto momento, anche se molto confusa, intuivo che ero davanti a qualcuno che si era lasciato travolgere dalle acque del Potere.
E proprio nello stesso anno,
avrei vissuto un impattante viaggio attraverso le forme del Potere.
Nei trecento giorni a venire,
avrei conosciuto questa strana forza capace di mutare le persone e
tutt’intorno.
Quante cose belle sono state
stroncate davanti al desiderio di Potere.
Quante città inginocchiate
davanti alla figura e ai desideri di un Sindaco, o piegate dagli interessi di
un gruppo di poche persone.
Quante “favelas” esistono in conseguenza a questo sistema di
cose.
E, dentro le baracche, presto si
impara a riconoscere e utilizzare il potere per sopravvivenza, sia con la via
della violenza, sia con quella della religione.
Quanti progetti di arte deviati,
appassiti, distrutti per i capricci di un singolo o di un pugno di artisti, di
direttrici, di “responsabili” che comandano gli spazi e le attività.
Nel 2006 la nostra associazione
ha fatto grandi passi di crescita.
E’arrivata a relazionarsi con
importanti Entità, Amministrazioni Pubbliche e organizzazioni.
Ed è entrata nel fondo del cuore della favela.
Ed è entrata nel fondo del cuore della favela.
Noi due abbiamo conosciuto tante
persone ambiziose e ossessionate dal Potere.
Abbiamo scoperto, con amarezza,
le forme meschine di potere presente in Enti “Filantropiche”, nelle scuole, in
organizzazioni che vantavano scopi umanitari.
E, devo ammettere, anche noi
siamo stati attratti da questa “forza”.
Così, ad un tratto, ci trovammo
ad un bivio.
E scegliemmo l’aspetto positivo,
del Potere.
Il potere come forza motrice,
creativa e selvatica capace di connettere e non dividere le persone. Quello
capace di creare, e non distruggere la Vita.
Quello capace di Umanità, di
essere collegato con i desideri profondi delle Anime.
Questa scelta è stata decisiva
per il futuro dell’associazione.
Con questo principio perdemmo
tanti “amici” e collaboratori lungo il cammino e così come perdemmo le
opportunità per un “prestigio sociale” e sostegni economici.
Ancora oggi, quando prendo un
caffè insieme a Giuliano, lo guardo mentre lui non mi vede e mi sento felice
per le nostre scelte.
Vicini e avvolti dal fumo delle
tazzine bollenti, nel nostro silenzio condiviso, vedo che abbiamo perduto
tanto, ed è stato fantastico perché, se non avessimo fatto questo, non avremo
mai imparato a vivere.
Senza questo, non ci sarebbe rimasto
nessuno spazio per l’Amore.
Katia
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