INFORMAZIONI SU QUESTO LIBRO-BLOG

Questa storia narra di dieci anni vissuti da Katia e da Giuliano.
Il racconto è un "binario", costruito a "doppi capitoli", scritti individualmente dai due autori.
Ogni anno raccontato, dal 2003 al 2013, racchiude cinque capitoli, al termine dei quali,
si conclude un paragrafo e sono pubblicate delle immagini inerenti gli stessi capitoli.
Il libro, nel suo complesso, avrà pertanto 10 paragrafi, composti da 5 doppi capitoli ciascuno.
La pubblicazione di ogni nuovo capitolo avviene senza un tempo determinato, essendo attualmente in fase di creazione.

p.s.: non possiamo essere responsabili della traduzione tramite google che, purtroppo, risulta NON essere completamente compatibile con il testo originale in lingua italiana.

contatto:emaildiecianni@gmail.com
Grazie per seguirci.
Katia & Giuliano

domenica 17 novembre 2013

Capitolo 2: Katia



Capitolo 2: Katia




Chissà per quale strano caso, davvero non potevo saperlo, conobbi un immigrato italiano, giovane padre di famiglia che mi invitò con entusiasmo alla festa degli immigranti italiani, organizzata dal parroco della Chiesa centrale di Atibaia.
Sopra un palco, si sarebbero esibite decine di comparse in costume folcloristico e suonate musiche tradizionali, per commemorare quella grande parte di cittadinanza che ha contribuito, in maniera determinante, alla costruzione dello Stato di Sao Paulo: gli italiani.

Ero rimasto senza la compagnia e le traduzioni della mia amica e, forse per sentirmi meno solo, decisi di andare a ficcare il naso in questa festa.

Fu lì, in quel pomeriggio, che la vidi.
Di quel momento, ho vivo il ricordo della sua gonna rossa.
Ma, in verità, non dimentico quanto fui attratto dalla sua presenza che, camminando e dandomi le spalle, si muoveva dondolando il corpo, come sotto l’effetto di opposte influenze gravitazionali.

Capelli sulle spalle e gonna rossa, in quei brevi momenti non vidi di più, anche se il mio sguardo cercava altre informazioni.
Ma l’attrazzione era talmente forte che la seguii, volutamente distratto per non dare nell’occhio, mischiandomi alla piccola folla davanti al palco, dove i figuranti in costume da Tarantella avevano iniziato la loro tradizionale danza popolare.
Ma a lei, quella danza piaceva, pensai, perché la vidi sorridere.
E credo fosse l’unicaa, in quella piazza, a sorridere.
Restai vicino a lei, a pochi passi dietro di lei, per un minuto, o forse meno e, combattuto sul da farsi, non le dissi nulla e ritornai a gironzolare tra la folla, per dimenticare quel rischioso momento di attrazzione, che mi aveva improvvisamente colpito.

Tornando sui miei passi ritrovai il mio amico immigrato che, euforico, mi veniva incontro:
-“Dov’eri? Ti stavo cercando! Ti voglio presentare una persona! Presto, vieni!”
Lo seguii vicino al palco della manifestazione, era poco affollato.

-“Lei è di origine italiana e parla benissimo la nostra lingua!”
continuò indicandomi una ragazza.
Non avevo realizzato immediatamente.
La mia mente fece fatica a capire come fosse possibile che la stessa ragazza che avevo guardato con tanta attenzione in mezzo alla folla, adesso era davanti a me, sorridente e luminosa anche se timida e imbarazzata, a porgermi la mano.

Era la ragazza dalla gonna rossa, che sapeva camminare danzando.
“Piacere, Katia.”e mi sorrise.
Sorrisi anch’io, stringendole la mano, davvero sorpreso e incredulo.
Mi sentivo come fossi dentro a un passaggio obbligato.
Sentii una rapidissima, ma nitida, sensazione che qualsiasi cosa potessi fare o non fare, sarebbe accaduto comunque, nonostante me.
Durò un attimo, come tutte quelle sensazioni che appaiono fuori dal controllo della mente, ma questo dichiarava, esplicitamente, che questo incontro era inderogabile.
Questo incontro doveva esserci.
E fu un incontro con i fuochi d’artificio.

Cominciammo subito a sentire una fortissima energia e guardandoci negli occhi, e sfuggendo allo sguardo, parlavamo rapidamente di qualsiasi cosa ci passasse per la mente.  In italiano, o almeno così pareva, dato che lei, più che parlare, lo interpretava.
La conversazione non durò a lungo, ma fu accesa, viva e brillante, così decidemmo di rivederci e le lasciai il mio numero di telefono.

Dunque ci salutammo e mi disse:
-“Io sono brasiliana perciò ti saluto come si usa da noi!”
E mi saltò al collo, dandomi un forte abbraccio.

Avevo trovato una compagna.
Ero certo che, con lei, avrei realizzato qualcosa di importante.
E, come un bimbo nel bel mezzo di una festa piena di fuochi di artificio, mi sentivo felice.


Giuliano

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