Capitolo 2: Katia
Chissà per quale strano caso,
davvero non potevo saperlo, conobbi un immigrato italiano, giovane padre di
famiglia che mi invitò con entusiasmo alla festa degli immigranti italiani,
organizzata dal parroco della Chiesa centrale di Atibaia.
Sopra un palco, si sarebbero
esibite decine di comparse in costume folcloristico e suonate musiche
tradizionali, per commemorare quella grande parte di cittadinanza che ha
contribuito, in maniera determinante, alla costruzione dello Stato di Sao
Paulo: gli italiani.
Ero rimasto senza la compagnia e
le traduzioni della mia amica e, forse per sentirmi meno solo, decisi di andare
a ficcare il naso in questa festa.
Fu lì, in quel pomeriggio, che la
vidi.
Di quel momento, ho vivo il
ricordo della sua gonna rossa.
Ma, in verità, non dimentico
quanto fui attratto dalla sua presenza che, camminando e dandomi le spalle, si
muoveva dondolando il corpo, come sotto l’effetto di opposte influenze
gravitazionali.
Capelli sulle spalle e gonna
rossa, in quei brevi momenti non vidi di più, anche se il mio sguardo cercava
altre informazioni.
Ma l’attrazzione era talmente
forte che la seguii, volutamente distratto per non dare nell’occhio,
mischiandomi alla piccola folla davanti al palco, dove i figuranti in costume
da Tarantella avevano iniziato la loro tradizionale danza popolare.
Ma a lei, quella danza piaceva,
pensai, perché la vidi sorridere.
E credo fosse l’unicaa, in quella
piazza, a sorridere.
Restai vicino a lei, a pochi
passi dietro di lei, per un minuto, o forse meno e, combattuto sul da farsi,
non le dissi nulla e ritornai a gironzolare tra la folla, per dimenticare quel
rischioso momento di attrazzione, che mi aveva improvvisamente colpito.
Tornando sui miei passi ritrovai
il mio amico immigrato che, euforico, mi veniva incontro:
-“Dov’eri? Ti stavo cercando!
Ti voglio presentare una persona! Presto, vieni!”
Lo seguii vicino al palco della
manifestazione, era poco affollato.
-“Lei è di origine italiana e
parla benissimo la nostra lingua!”
continuò indicandomi una ragazza.
Non avevo realizzato
immediatamente.
La mia mente fece fatica a capire
come fosse possibile che la stessa ragazza che avevo guardato con tanta
attenzione in mezzo alla folla, adesso era davanti a me, sorridente e luminosa
anche se timida e imbarazzata, a porgermi la mano.
Era la ragazza dalla gonna rossa,
che sapeva camminare danzando.
“Piacere, Katia.”e mi sorrise.
Sorrisi anch’io, stringendole la
mano, davvero sorpreso e incredulo.
Mi sentivo come fossi dentro a un
passaggio obbligato.
Sentii una rapidissima, ma
nitida, sensazione che qualsiasi cosa potessi fare o non fare, sarebbe accaduto
comunque, nonostante me.
Durò un attimo, come tutte quelle
sensazioni che appaiono fuori dal controllo della mente, ma questo dichiarava,
esplicitamente, che questo incontro era inderogabile.
Questo incontro doveva esserci.
E fu un incontro con i fuochi
d’artificio.
Cominciammo subito a sentire una
fortissima energia e guardandoci negli occhi, e sfuggendo allo sguardo,
parlavamo rapidamente di qualsiasi cosa ci passasse per la mente. In italiano, o almeno così pareva, dato
che lei, più che parlare, lo interpretava.
La conversazione non durò a
lungo, ma fu accesa, viva e brillante, così decidemmo di rivederci e le lasciai
il mio numero di telefono.
Dunque ci salutammo e mi disse:
-“Io sono brasiliana perciò ti
saluto come si usa da noi!”
E mi saltò al collo, dandomi un
forte abbraccio.
Avevo trovato una compagna.
Ero certo che, con lei, avrei
realizzato qualcosa di importante.
E, come un bimbo nel bel mezzo di una festa
piena di fuochi di artificio, mi sentivo felice.
Giuliano
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