INFORMAZIONI SU QUESTO LIBRO-BLOG

Questa storia narra di dieci anni vissuti da Katia e da Giuliano.
Il racconto è un "binario", costruito a "doppi capitoli", scritti individualmente dai due autori.
Ogni anno raccontato, dal 2003 al 2013, racchiude cinque capitoli, al termine dei quali,
si conclude un paragrafo e sono pubblicate delle immagini inerenti gli stessi capitoli.
Il libro, nel suo complesso, avrà pertanto 10 paragrafi, composti da 5 doppi capitoli ciascuno.
La pubblicazione di ogni nuovo capitolo avviene senza un tempo determinato, essendo attualmente in fase di creazione.

p.s.: non possiamo essere responsabili della traduzione tramite google che, purtroppo, risulta NON essere completamente compatibile con il testo originale in lingua italiana.

contatto:emaildiecianni@gmail.com
Grazie per seguirci.
Katia & Giuliano

domenica 24 novembre 2013

Capitolo 3: Insieme


Capitolo 3: Insieme

Aver incontrato Katia mi diede l’occasione di poter continuare a credere che fosse possibile creare un’equipe che portasse avanti i progetti solidali della darearte.

Ma qualcosa si stava muovendo in senso contrario a questa forza positiva.
Accaddero molte cose in opposizione a questo incontro ma, in qualche modo, riuscii a ottenere il suo numero di telefono e un giorno la chiamai per prendere un appuntamento.

Così, dopo qualche giorno, ci reincontrammo.
Ogni incontro era sempre carico di energia, pieno di gioia e scintille.
Non capivo esattamente se, quando le raccontavo dei miei progetti, dei miei sogni da realizzare nella sua città, mi ascoltasse veramente, se mi capisse, se davvero le mie parole erano interpretate giustamente e con raziocinio.
Era come trasportata da un vento e a volte mi pareva di un entusiasmo eccessivo, fuor di ogni misura.
Era come farla felice ad ogni incontro, perché ciò che le dicevo era esattamente compatibile con ciò che avrebbe fatto lei.
Insomma, eravamo completamente in sintonia, al punto che un conseguente avvicinamento era evidente, e fu inevitabile.

Grazie al nostro incontro avevo ripreso fiducia e ricominciai a muovermi, se mai mi fossi fermato, creando immediatamente dei micro-progetti per testare la risposta della città e della nostra sinergia.
In verità fu proprio con lei che iniziai i progetti negli orfanotrofi, tutti i precedenti erano stati solo degli incontri, delle visite di conoscenza.
Pertanto abbiamo cominciato a lavorare insieme, in un orfanotrofio maschile.
In Atibaia, esistevano almeno un paio di Entità che avevano l’usanza di dividere i bambini maschi dalle femmine, anche nel caso di fratelli e sorelle, semplicemente per una comodità organizzativa della struttura. (questo mi fu confessato, fuori dai denti, dal presidente di un orfanotrofio).

Nel primo progetto creato per i bambini, dovetti portare via Katia quasi a forza, perché non riusciva a smettere di giocare con loro.
Aveva trasformato tutti in clown, tutti avevano il naso rosso del pagliaccio,
Capii che avrei avuto bisogno di molta pazienza, per fare in modo che Katia si accorgesse che esistono dei margini organizzativi che migliorano le attività e i tempi, ma che lei non considerava affatto.
Ma il suo talento e la sua forza di volontà erano, insieme alla sua energica generosità, una vera bomba!
Forse, mai avevo incontrato prima una persona con tanta voglia di fare e di vivere.
Forse solo dei bambini.
Impiegai del tempo per capire che il connubio era semplice: Katia viveva l’infanzia.
E io potevo solo accompagnarla.

Insieme seguitammo a creare progetti, condividendoli anche con altri volontari, che comunque rimasero sempre molto rari.
Andammo in una comunità di giovani cattolici che stavano costruendo la loro Chiesa, con le loro uniche forze e con loro, e per loro, inventammo un progetto che potesse rinforzarli, dargli coraggio.
La scuola e le capacità teatrali di Katia furono propizie.
Mentre io coordinavo il progetto, lei insegnava ad essere più sciolti e fiduciosi, dinanzi al pubblico di fedeli che dovevano affrontare ogni domenica.
Fu un successo straordinario.

Andammo in un altro orfanotrofio, quello femminile, per regalare allegria e incontri didattici attraverso il disegno.
Meravigliose, mai dimenticate bambine.

Andammo in una comunità che offriva il pasto gratuito a bambini, in un quartiere molto povero e pericoloso, dove inventammo un piccolo corso di cartapesta per i bambini e i ragazzi.
Esperienza molto intensa.

Il corso di cartapesta lo volemmo donare anche ai bambini dell’orfanotrofio maschile, perciò ci rividero tornare ancora tra loro.
Fantastico!

Senza parlare di tutti gli incontri, le esperienze, le emozioni, le difficoltà, le peripezie e le impotenze che abbiamo incontrato in questo seppur breve percorso.
Come posso raccontare di ciò che ho raccolto, in questo “salto quantico” avvenuto in un breve spazio temporale, ma tanto pieno di accadimenti ed esperienze che nemmeno io sapevo come fossi riuscito a dirigere senza esserne travolto.
Non ho parole per questo, davvero.
Mai le ho avute, e nemmeno ora, a distanza di dieci anni.

Forse, conobbi veramente Katia quando la vidi con il naso rosso del suo clown.
Era verso la fine della mia permanenza in Brasile, in un suo spettacolo organizzato presso una scuola municipale, che regalava a tutti gli allievi dell’Istituto.

Come parte del pubblico, mi sedetti in prima fila, in mezzo a tanti giovani studenti, in attesa di vedere in cosa poteva sorprendermi la ragazza che avevo incontrato poco tempo prima e con la quale avevo vissuto momenti indimenticabili.
Ma lo straordinario, lo avrei visto da lì a poco.

Da una finestra e gettandosi al suolo senza preoccuparsi della gravità, uscì un clown completo di costume, naso rosso e parrucca arancione.
Una musica di sottofondo accompagnava il suo ciondolarsi e le sue gag, che lasciavano tutti, dico tutti, a bocca aperta.
Io non credevo ai miei occhi, perché le folli acrobazie e cadute, oltre alle risate, provocavano sussulti di preoccupazione per l’incolumità fisica del clown.
E lei era un’altra cosa, che non posso chiamare persona, dato che era più un personaggio, una figura di un’altra dimensione, un cartone animato vivente, qualcuno che non avevo mai visto, ma che mi impressionava tantissimo.
Il suo talento era enorme, tanto quanta l’energia che provocava al suo intorno.
E a bocca aperta assistii a tutto lo show, applaudendo alla fine, felice per aver conosciuto colei che era capace di creare questa Magia straordinaria.
Alla fine dello spettacolo, dopo i meritati applausi di successo e ammirazione, mi congratulai con lei e subito mi preoccupai nel vederla zoppicante.
Aveva le gambe colme di lividi, così prima di dirle quanto fosse stata incosciente nel suo funambolico show, pensai come poterla aiutare per medicarsi le contusioni.
L’accompagnai in una farmacia e poi a casa, ringraziandola per ciò che aveva saputo donare.

Katia avrebbe realizzato ancora una volta quello stesso spettacolo, ma solo dopo la mia partenza, per raccogliere dei fondi, finalizzati all’acquisto di materiali utili agli incontri con i bambini, che lei, senza di me ma per darearte, avrebbe continuato a fare.

La nostra complicità era solo all’inizio.
Avevamo sperimentato ciò che volevamo fare, ciò che volevamo condividere.
Avevamo conosciuto bambini con storie che non si possono raccontare, giocato con loro e visti finalmente sorridere.
Avevamo toccato le loro mani, stretto i loro corpicini, in abbracci di affetto sincero.
Avevamo saltato, riso, parlato e ballato con bambine che non sapevano di essere ancora delle bambine.
Avevamo ascoltato i loro sogni e le loro speranze, i loro incubi e le loro tristezze.
Insieme avevamo spostato tante cose, Vite comprese.
In così breve tempo…


Giuliano

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