INFORMAZIONI SU QUESTO LIBRO-BLOG

Questa storia narra di dieci anni vissuti da Katia e da Giuliano.
Il racconto è un "binario", costruito a "doppi capitoli", scritti individualmente dai due autori.
Ogni anno raccontato, dal 2003 al 2013, racchiude cinque capitoli, al termine dei quali,
si conclude un paragrafo e sono pubblicate delle immagini inerenti gli stessi capitoli.
Il libro, nel suo complesso, avrà pertanto 10 paragrafi, composti da 5 doppi capitoli ciascuno.
La pubblicazione di ogni nuovo capitolo avviene senza un tempo determinato, essendo attualmente in fase di creazione.

p.s.: non possiamo essere responsabili della traduzione tramite google che, purtroppo, risulta NON essere completamente compatibile con il testo originale in lingua italiana.

contatto:emaildiecianni@gmail.com
Grazie per seguirci.
Katia & Giuliano

domenica 29 dicembre 2013

Capitolo 7: Secondo incontro.


Capitolo 7: Secondo incontro.

Katia aveva sbagliato aereo.
Lo seppi da una sua telefonata da Milano, avvisandomi che sarebbe arrivata, non all’aeroporto ma alla stazione del treno.
Cominciavo a dubitare che tutto sarebbe andato liscio.
Ma ormai ero pronto per il suo arrivo.

Avevo un’auto ed uno scooter, entambi di seconda o terza mano.
Scelsi l’auto per andare alla Stazione ferroviaria di Principe e incontrare Katia.
Immaginavo avesse bagagli ricolmi di vestiti e scarpe e accessori, come le donne usano portar con sé, anche fosse per brevi gite, e le sue opere della prevista esposizione.
Avrebbe dovuto restare in Italia per tre mesi, questo il tempo limite per un turista.
Ma Katia di turista aveva ben poco.

Arrivai alla stazione e la vidi da lontano.
Aveva cambiato colore ai capelli e aveva con sé solo una strana valigia.
In verità, rimasi molto perplesso.
Non so come dire, ma non la riconobbi completamente.
Mi sembrava lei, ma sembrava anche non lo fosse.
Una sensazione che non mi aspettavo.
Così la invitai alla macchina, caricai la sua valigia, che aveva dipinto lei stessa, e misi in moto. 
La guardavo continuamente, per vedere se la sensazione di estraneamento fosse passata, ma restò insieme noi.

Era molto tesa e spaesata, aveva un’aria di chi sta sbarcando in mezzo ai marziani e non sa che dire.
Io ero il marziano, evidentemente, dato che percepivo che l’estraneamento era reciproco.
Andammo direttamente al mio appartamento, dopo aver tentato di presentarle Genova e per fortuna, proprio poco prima di entrare, ci ricordammo di noi.
Ci eravamo ritrovati ed era un incontro d’amore.
Entrammo in casa e non uscimmo più per tre giorni.

Dopo l’assestamento iniziale, si cominciò a ragionare sul da farsi.
Io non mi permisi di iniziare una storia sentimentale, nell’immediato.
Troppo vicina era la separazione che avevo sofferto e non volevo assolutamente impegnarmi in un’altra relazione.
Volevo concentrare le nostre energie sui progetti che occorrevano a darearte per evolversi, e noi due con “lei”.
Darearte ci chiedeva energia e io e Katia la dovevamo creare, dal nulla.

Ci impegnammo subito sulla mostra.
Katia aveva portato con sé le opere. Ma solo le opere.
Non aveva nient’altro dentro quella valigia, tanto strana che anch’essa finì alla fine nell’esposizione.
Avrebbe dovuto comprarsi tutto, aveva solo i vestiti con i quali era venuta, ed erano estivi.
Era marzo e a Genova era freddo.
Il dubbio che tutto sarebbe andato liscio, si fece certezza.
Ma questo era un dettaglio che raccontava di lei, questa ragazza che con la gonna rossa attraversa l’oceano e si sposta senza bisogno di denaro, né di ricambio d’abito, né di altro materiale.
La sua valigia era colma di sogni e poesie, di un’avventura e d’amore.
Per questo, capii, ero affascinato, incantato, trasportato.
Io, tanto razionale e metodico, e preciso e spaventato, con lei ero un pesce con la bocca aperta.
Non credevo a quello che vedevo, perché fuori dalle mie possibilità, dalla mia concezione impostata.
Anche io sognavo, e volevo vivere i miei sogni, condividerli, raggiungerli, ma cercavo sempre di creare un percorso, un metodo, un raziocinio per arrivare a conquistarli, ma era questo raziocinio che, forse, me li faceva perdere di vista nel cammino.
Con lei avevo l’energia del volo.
Come volare, si poteva raggiungere il luogo sperato, il luogo amato.
Il sogno, appunto.
Con lei potevo credere fosse possibile, nonostante le barriere.
L’impossibile si trasformava in “non credevo fosse così facile”.
Ho sempre pensato che fosse diversa, fin dal giorno che vidi la sua gonna rossa, ma frequentarla, ascoltarla cantare canzoni incomprensibili, in mezzo alla gente, o vederla danzare per me, sensuali musiche arabe, mi convinse che fosse veramente unica.

E la sua arte rispecchiava la sua Essenza.
Colorata e viva, vivace e vitale.
Spiritosa e allegra.
Ma anche malinconica e sofferta, piangente e ferita.
Tutto il suo universo era espresso nei suoi dipinti, nelle sue opere.
Il suo stile era vicino a quello Naif, il tratto più vicino all’infanzia, e lì comunicava.
Le opere che aveva portato con sè erano di tessuto, ritagli di stoffe che cuciti insieme in un collage di mini dipinti, rivelavano una storia del suo tempo trascorso.
Era il tempo che ci aveva separati.
E lì potevo ritrovare la mia assenza e la mia presenza.
La nostra storia anche senza di noi.

Pochi mesi prima, in Brasile, avevo incontrato Katia ad un suo banchetto espositivo, durante un evento di artigianato locale.
Non avevo visto nulla, tra tutte le migliaia di offerte della manifestazione, che avesse la stessa magia, dei suoi dipinti.
Di una semplicità disarmante, non riuscivo a togliere lo sguardo da loro e allo stesso tempo, non riuscivo a capire il motivo di tanta attrazzione.
Pensai all’apparentemente casuale disposizione dei colori, forse ipnotica, al richiamo ancestrale del suo contenuto o allo stile che richiamava all’infanzia di ogni essere umano.
Forse tutto o forse nulla di questo.
Forse erano solo dipinti per amore.

E l’Amore, senza dubbio alcuno, è l’energia più bella del mondo.

Giuliano

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