INFORMAZIONI SU QUESTO LIBRO-BLOG

Questa storia narra di dieci anni vissuti da Katia e da Giuliano.
Il racconto è un "binario", costruito a "doppi capitoli", scritti individualmente dai due autori.
Ogni anno raccontato, dal 2003 al 2013, racchiude cinque capitoli, al termine dei quali,
si conclude un paragrafo e sono pubblicate delle immagini inerenti gli stessi capitoli.
Il libro, nel suo complesso, avrà pertanto 10 paragrafi, composti da 5 doppi capitoli ciascuno.
La pubblicazione di ogni nuovo capitolo avviene senza un tempo determinato, essendo attualmente in fase di creazione.

p.s.: non possiamo essere responsabili della traduzione tramite google che, purtroppo, risulta NON essere completamente compatibile con il testo originale in lingua italiana.

contatto:emaildiecianni@gmail.com
Grazie per seguirci.
Katia & Giuliano

domenica 12 gennaio 2014

Capitolo 9: In viaggio


Capitolo 9: In viaggio –                       parte 1

Era arrivata la buona stagione.
Faceva caldo e finalmente le mie scarpe di tessuto avevano un senso.
Eravamo pronti a partire per un viaggio e mentre lui riempiva la macchina di cose utili, io avevo una sensazione di Natale, di festa e di regali inaspettati.
E fu veramente un grande regalo.
Il viaggio più vasto che io mai avessi fatto.
Non necessariamente in relazione ai chilometri percorsi, ma per la diversità ed immensità di cose sconosciute e belle che si spalancarono davanti a me, in un breve periodo di tempo.
Fino ad oggi non riesco a mettere in fila questi ricordi.
Ognuno va per conto suo a suo piacimento, e qualcuno non appare nemmeno all’appello.
Non sapevo nulla sul nostro itinerario ed anche se lui mi avesse svelato qualcosa, non sarei stata capace di capire.
Non avevo alcuna conoscenza sulle regioni italiane e davvero non potevo immaginare come fossero. Quale immaginazione sarebbe stata tanto visionaria da creare un Paese così bello?
E con quale ingegno uno scrittore avrebbe creato un tale fitto intreccio di Regioni tanto diverse tra loro?
Davvero mi è sembrato di visitare tantissimi Paesi in un solo viaggio.

Siamo partiti e finalmente vidi Genova scomparire senza salutarmi.
Chissà se le altre città italiane erano anche loro stregate?
Eravamo diretti in Toscana e la prima sosta sarebbe stata dalla madre di Giuliano.
La volevo conoscere.
Dovevo ringraziarla, farle un inchino, donarle un fiore, come fanno i fedeli davanti alla Madre Terra. Infatti senza di lei, quell’uomo non esisterebbe.
Lui invece era teso e pallido, come qualcuno che deve affrontare una Sfinge.
Cercava di dirmi qualcosa, ma era confuso e aveva un filo di voce.
Comunque sia, i suoi timori non riuscivano ad influenzarmi, perché ero ingenua e assolutamente innamorata.
Conobbi tutta la sua famiglia, che era davvero squisita.
Mi sentivo come chi entra nella Città incantata di Oz, popolata da personaggi mai visti e dove, solitamente, tutto funziona fuori dalle regole conosciute.
Ci siamo messi tutti insieme attorno a un lungo tavolo.
Come per magia, sono apparse pietanze così saporite che pensai di non avere nessun enzima, nel mio corpo, capace di digerirle.
Ed era soltanto l’antipasto!
Poi arrivò il primo piatto, ravioli fatti in casa dalla sorella.
E in seguito, il secondo piatto, il terzo e l’insalata… e non finiva più!
Ero a quel tavolo già da tante ore!
Sembrava l’ultimo giorno della mia vita, quando si mangia per congedarsi dal Mondo.
Mi hanno versato nel bicchiere un vino toscano…  e allora sì, ero certa che fosse davvero il mio ultimo giorno sulla Terra, quando alla fine si può assaggiare la bevanda degli Dei.
Invece per lui era tutt’altra cosa.
Beveva quel vino senza cambiare il colore della sua anima, completamente immune all’effetto magico.
Era ancora molto teso e mi guardava come chi si aspetta il brutto finale di una favola.
Una di quelle favole dove il protagonista, dopo d’avere gustato un buon banchetto, viene mangiato dalla strega.
Però accadde diversamente.
Tra me e la sua madre ci fu subito una grande empatia.
Anche se io non le dissi mai nulla, aveva capito che la ringraziavo profondamente.
In modo enigmatico, mi invitò alla cucina.
Ero onorata, perché la cucina è il luogo incantato per eccellenza.
E’ dove si creavano quelle pietanze incredibilmente saporite.
E lì, in quel Regno, mi chiese se avessi qualcosa da dirle.
Io tacqui.
Lei annuì contenta, poi prese un coltello strano, me lo passò e mi fece tagliare il prezzemolo.
In questo momento condiviso, cercò di dirmi ciò che fino ad oggi non riesco a ripetere, semplicemente perché non apparteneva al linguaggio razionale.
Eravamo in un regno dove ogni donna può capire perfettamente ciò che è indecifrabile.
E in quell’esatto momento avevo afferrato la sua richiesta: voleva che io sposassi suo figlio!
Intuii che nella natura della sua proposta c’era qualcosa che andava aldilà del matrimonio.
Credo che una parte di lei, capace d’amare, mi stesse dando la sua approvazione.
Credeva che io potessi seguire il suo figlio ferito, fino agli abissi segreti.
Intuiva che io avrei sopportato il momento in cui lui mi avrebbe mostrato il suo più orribile volto.
Credeva che io avessi il coraggio di annegare, come Moema.
Mi dava la sua benedizione, affinché io proseguissi quel lungo e arduo cammino verso l’Amore.

Ero scossa, vivevo un misto d’allegria e paura per l’immenso lavoro che avevo davanti a me.
Tornai al tavolo gigante per il dessert e guardai Giuliano.
Quell’uomo che prima sembrava invincibile, adesso sembrava che trattenesse dentro di se, un pianto antico.
I suoi capelli di argento di luna, ora, erano scoloriti.
In mezzo alla sua rumorosa famiglia, era una specie di “brutto anatroccolo”.
Capii che qualsiasi cosa lui potesse fare o dire, era immediatamente incompresa.
Succede, a volte, di essere un uovo di cigno caduto in un nido d’anatre e nessuno è colpevole di questo.
Per lui sarebbero stati necessari molti altri anni, prima di fermare questa sofferenza.

Invece noi eravamo soltanto all’inizio di questo viaggio per l’Italia, e all’inizio del nostro viaggio insieme.
Come avrebbe previsto profeticamente sua madre, a me aspettava un lungo lavoro, che mi avrebbe portato anche ad un amaro incontro con me stessa…
Però, tutto era appena cominciato.
Stavo finalmente, comprendendo meglio quell’uomo.
Il perché della sua ferma intenzione di non intraprendere nessuna relazione, né con me, nè con nessun’altra.
Inoltre, realizzai che aveva ancora molto vivo in lui, un sentimento platonico per la sua precedente compagna e che, a volte, lei girovagava tra di noi, quasi come una presenza.
Cominciavo a intuire tante nuove cose, sia belle, sia difficili.
Stavo per perdere la mia ingenuità.

Avevo il dubbio di avere il coraggio sufficente per fare il passo successivo dopo la fase dell’innamoramento e sono sicura che lo stesso valesse anche per lui.
Ma tra noi, c’era ormai una forza che ci sosteneva anche nelle ore più buie, che superava ogni paura.
E nonostante pensavo che fosse una relazione impossibile, ecco che lui mi accennò la sua inarrestabile capacità d’amare: scoprii che, in questo viaggio, aveva pianificato l’incontro con il Circo.

Mi regalava il mio proprio sogno.

In viaggio – parte 2

Ero dentro la macchina, e guardavo tutta la sua famiglia salutarci dal balcone di casa.
Anch’io li salutavo, a grandi gesti e tante volte, finché la loro sagoma non sparì dal paesaggio.
Il cielo già era tutto blu scuro e pieno di stelle, quando arrivammo davanti a delle mura con uno strano piccolo portico.
Lui non mi disse nulla ed entrammo insieme.

Dalla piccola porta apparve una gigantesca piazza, tutta verde, con strani palazzi bianco-fantasma che sembravano essere sospesi.
Mi misi a correre e alla fine la vidi: la torre di Pisa, ero nella Piazza dei Miracoli!
Quel posto non poteva avere un’altro nome!
Più e più volte chiusi gli occhi per svegliarmi da quel sogno, ma quando li aprivo la Piazza era sempre lì.
Quella Torre non era un’illusione collettiva, esisteva davvero!
Ed era piccola, ma allo stesso tempo smisurata, incapace di stare dentro uno sguardo.
Stavo morendo dalla gioia e non riuscivo a guardare contemporaneamente la Piazza verde-smeraldo, la Torre e quell’uomo.
Era troppa bellezza messa insieme e non ero pronta.
Comunque sia, il coraggio mi mancò lo stesso.
Volevo dimenticare la promessa velata che feci a sua madre di affrontare i pericoli, di intraprendere il tortuoso cammino di pietre verso l’Amore.
Niente pietre, volevo restare lì per sempre, su quel prato verde incantato, rinchiusa in quell’esatto momento per tutta l’Eternità.
Però, mai avevo visto un fiume fermarsi.
(anche se un contadino della mia città, mi aveva garantito e giurato che a mezzanotte il fiume si fermava per fare passare l’uomo-lupo)
Ma credo che, in realtà, la natura del fiume sia quella di seguire in avanti, come il tempo e la vita.
E così fu, e il viaggio proseguì.

E le cose diventavano sempre più belle, che quasi facevano male, come le rose piene di spine.
Fino ad oggi, non saprei dire esattamente i nomi delle città che abbiamo visitato, però ricordo vivamente di aver avuto il cuore in mano quando siamo entrati nella regione del Lazio, per ritrovare il Circo.
Una marea di pensieri andavano su e giù dal mio corpo senza controllo.
Passavano nei piedi, nello stomaco, in mezzo agli arti, in una parte del cervello e poi tornavano facendo una sosta nella gola e si tuffavano nel cuore per farlo scompigliare.
Non sapevo come affrontare un’incontro atteso per quattro anni.
Per lungo tempo questo era stato l’unico pensiero luminoso della mia vita, quella voglia di ritornare ad un posto tanto amato… ma sentivo che non ero più quella che aveva desiderato tutto questo… però se non fossi tornata a rivedere il circo, sarei stata come prigioniera di un miraggio…
Ad un tratto cominciai ad avere paura dei miei pensieri.
Ma per un’altra volta, la vita mi soccorse dalle inutili teorie e preoccupazioni.

Tornate al primo capitolo di questa storia; andate pure, che vi aspetto.
Al vostro ritorno forse mi chiederete di predire la Vostra sorte, perché io ho azzeccato in pieno la mia.
La mia unica eredità ricevuta dal Brasile è lo stato onirico con il quale vedo la Vita.

Allora:
nel luogo dove c’era una volta il Circo, dove sono stata il bersaglio vivente per il lanciatore dei coltelli, dove ho tirato in aria dei piatti, dove avevo il corpo tutto coperto delle risate dei bambini… adesso c’era un parcheggio.
La visione di quel parcheggio al posto del Circo…l’ho sognata per anni…credevo fosse soltanto un incubo!
Una connessione? …una predizione? …chissà?
L’unica cosa che posso dire è che l’averlo sognato spesso, mi alleggerì l’impatto con la realtà.
Avevo già pianto talmente tanto in sogno che davanti a quella visione non ne soffrii poi tanto da far male al cuore.
In quel parcheggio squallido, vidi passare Anna, una donna sofferente, che era stata una frequentatrice fedele agli spettacoli del Circo.
Ci invitò a casa sua per una tazza di caffè e mi raccontò che quando in Italia è avvenuto il cambio della Lira per l’Euro, il Circo chiuse.
E che ora, loro facevano solo piccoli spettacoli di strada, ma che lei non sapeva esattamente dove.
Mentre parlava, la sua malinconia era talmente grande da fermare il vento fuori.
Mi sentivo soffocare.
Capii che l’assenza del circo aveva lasciato un vuoto nella sua vita e di come l’arte, anche se inutile, può sostenere delle vite umane.
Invece quell’uomo era determinato a rintracciare la famiglia del Circo ad ogni costo.
Mi voleva bene!
Questo era diventato anche più bello di tutto il resto.
Partimmo per Aprilia, dove sapevo che i circensi avevano il loro camper.
Non sapevo l’indirizzo preciso, ma qualcuno ci disse che c’era un circo, due quartieri vicino.
Nuove speranze rinnovate.
Ci arrivammo correndo, e da lontano vidi il tendone, vidi il camper, vidi il circo… ma non erano loro e nessuno ne sapeva nulla.
A questo punto, stranamente, mi sentii bene.
Ci siamo arresi, non avevamo altro da fare che gustare un piatto di pasta all’arrabbiata, ed era tanto buono proprio perché aveva il sapore del nostro presente.

Sapevo già che non è sano vivere nel passato, girarsi continuamente indietro.
Sta scritto da tutte le parti: Orfeo che guarda indietro l’amata e questa sparisce, la moglie curiosa che guarda indietro la città di Gomorra e si trasforma in una statua di sale.
Ebbi la sensazione che a forza di guardare indietro per tanti anni, l’immagine fissa del Circo mi aveva trasformata in una pietra e la mia vita si fosse fermata.
Ma adesso l’incantesimo era spezzato e potevo essere finalmente libera e camminare avanti.
Anche se nel mio cammino avessi trovato altre streghe, draghi e fantasmi da sconfiggere, è sempre meglio vivere, che essere di pietra.

L’arrivo in Sicilia fu, veramente, il primo passo verso l’amore.
Mi richiedeva coraggio.
Ero profondamente sconvolta della forza naturale di quella terra.
Però, in mezzo a quel paesaggio epico, ai piedi del Vulcano, quell’uomo sparì.
C’era e non c’era.
Si muoveva, parlava, cantava, ma la sua anima era altrove.
Tutt’oggi, lui ha questo stile di vita, sparisce dentro di sé per un tempo, per poi tornare rinnovato e felice.
E’ una cosa molto bella da fare e con il tempo ho imparato a rispettarla, ma in quel momento, non si trattava di un semplice e benefico sparire.
Era stato rapito della Signora del Danubio.
Quell’uomo continuava a nutrire un sentimento platonico per la sua precedente compagna e, di conseguenza, lei era diventata superiore a qualsiasi altra donna reale e stava diventando una potente entità, un fantasma, che ho soprannominato “Signora del Danubio”.
La prima volta che lo vidi così abbagliato da questo spettro, fu proprio in Sicilia e provai un dolore che, per diversi anni, mi fece annullare ogni ricordo di quel soggiorno.
Però, adesso che posso toccare liberamente i miei ricordi, so per certo che è stato un soggiorno bellissimo!
Lui era rapito, ma quando tornava da quel mondo irreale, mi sventolava una piccola bandiera, per mostrarmi il sentiero dove potevo ritrovarlo perchè anche lui voleva raggiungermi.
Sì, è stato davvero un bel viaggio.
Quel mare, quelle rocce, quell’imponente Vulcano, tutti loro mi suggerivano:
“Vai avanti, non ti fermare, fatti coraggio!” e diedi loro ascolto.

Decisi d’amare quell’uomo così com’era, con tutto ciò che aveva, con il suo cuore protetto da uno scoglio, con l’anima fragile e con un fantasma al suo fianco.
Anch’io, in seguito, avrei scoperto di avere dei miei scogli, ma entrambi, imparammo a sventolare le nostre piccole bandiere, anche in mezzo alla nebbia più densa, e questo ci serviva per farci ritrovare ogni volta e continuare a camminare insieme.

Katia
  

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