INFORMAZIONI SU QUESTO LIBRO-BLOG

Questa storia narra di dieci anni vissuti da Katia e da Giuliano.
Il racconto è un "binario", costruito a "doppi capitoli", scritti individualmente dai due autori.
Ogni anno raccontato, dal 2003 al 2013, racchiude cinque capitoli, al termine dei quali,
si conclude un paragrafo e sono pubblicate delle immagini inerenti gli stessi capitoli.
Il libro, nel suo complesso, avrà pertanto 10 paragrafi, composti da 5 doppi capitoli ciascuno.
La pubblicazione di ogni nuovo capitolo avviene senza un tempo determinato, essendo attualmente in fase di creazione.

p.s.: non possiamo essere responsabili della traduzione tramite google che, purtroppo, risulta NON essere completamente compatibile con il testo originale in lingua italiana.

contatto:emaildiecianni@gmail.com
Grazie per seguirci.
Katia & Giuliano

domenica 16 febbraio 2014

Capitolo 12 - progetti


Capitolo 12 - progetti


Eravamo due cavalieri, non dalle strane figure, ma dalla strana associazione no-profit.
Per noi non c’erano mulini a vento da combattere.
Il nostro volontariato era un’atto d’amore, non di guerra.
Non dovevamo distruggere nulla, soltanto la nostra voglia di arrendersi.
Impegnarsi a realizzare atti d’amore verso sé stessi e per gli altri, era qualcosa in disuso, quasi inspiegabile alla maggioranza delle persone.
Sia per la diffidenza, sia per incomprensione o anche per ammirazione, a volte ci scambiavano davvero per Don Chisciotte e Sancho Panza.

Giuliano aveva poco tempo per restare in Brasile e questo lo impegnava al massimo alla realizzazione di tutti i progetti.
Doveva anche insegnarmi e prepararmi a gestire da sola la nostra sede distaccata, nella sua futura assenza.
Cosi, lavorando tutti i giorni, da domenica a domenica, cominciammo contemporaneamente tante attività.
Quell’uomo era come tutti noi, fatto di stelle, con la differenza di saperlo essere.
Per la scelta di dove, come, con chi e per chi svolgere le nostre azioni di volontariato, lui seguiva soltanto il suo istinto, che alla fine ci portava sempre al posto giusto, alla giusta ora.
Sapeva davvero incontrare le persone e non si faceva abbagliare solo dalle parole di incanto, anzi, a volte non capiva nemmeno il portoghese, ma era capace di percepire profondamente ogni anima che gli si presentava davanti e così agiva, verso il sogno di ogni singola persona.
Spesso eravamo presenti in quartiere di estrema povertà di Atibaia e questo chiamò l’attenzione dell’Amministrazione Pubblica della Città.

Un giorno, fissammo un incontro con i responsabili delle politiche sociali del Municipio, presente in una Segreteria in quel quartiere.
Il capo, un giovane intellettuale, parlava in termini difficili da comprendere e divagava su infinite teorie politico-sociali.
Giuliano pareva non ascoltare nulla e il suo sguardo si fermò sull’uomo che stava spazzando per terra.
Era Jorge, uno scrittore dilettante.
In pochi minuti Giuliano aveva percepito il sogno di Jorge e si impegnò a realizzarlo.
Un nuovo progetto era nato.

Era così il nostro operato, senza una rotta determinata e fissa.
Succedeva spesso di aggiungere al programma prestabilito, di realizzare dei progetti che non erano stati previsti ma semplicemente incontrati lungo la strada.
Ogni attività, ogni nostro movimento, lasciava la sua meravigliosa impronta che ci portava ad altri incontri, sempre inaspettati e puntuali.

Dopo l’incontro con Jorge, conoscemmo un gruppo di Madri poverissime che volevano creare una cooperativa di cucitrici.
Dietro di loro si aprì l’universo della “favela”.
Giuliano voleva raccogliere le storie di persone che abitavano in quel luogo estremo, creare un progetti capace di fare sentire la loro voce.
Ma era seriamente pericoloso.
Qualsiasi individuo non riconosciuto era immediatamente segnalato da occhi invisibili, poco accoglienti e per niente innocui.
La favela, come tutti gli altri Mondi, aveva le sue regole precise, e l’unico che poteva rovesciarle impunemente, era il clown.
Con quest’idea, siamo partiti una mattina di sole.

Giuliano portava con sé una piccola telecamera ed era accompagnato da un’assistente.
Io-pagliaccio, con il naso dipinto di rosso, con le buffe scarpe che avevo comprato a Genova e un secchio, camminavo davanti a loro.
Eravamo entrati in quel Mondo.
Il pericolo non si presentò, perché nessuno si sentiva minacciato da un pagliaccio, anzi, davanti a lui tutto era possibile e venivano abbattute tutte le frontiere sociali.
La tenda di un circo invisibile si era aperta e chiunque era invitato.
Al clown, tutte le persone hanno raccontato un poco delle loro storie, che mai avrebbero rivelato a me come Katia o a qualsiasi altro, con la stessa leggerezza.
Quel corteo del clown, in mezzo alle baracche, alla spazzatura e ai cani randagi, diventò poi un piccolo cortometraggio, forse il primo di Giuliano.
L’intensità di quello che ho visto, condiviso e imparato in quella mattina, lo preservo fino ad’oggi.

Era l’infinita capacità di comunicazione e trasformazione dell’arte.
Spesso mi avvalevo di tutto ciò che l’arte poteva offrirmi, per realizzare le attività dell’associazione.
Sceglievo istintivamente quale poteva essere l’elemento giusto per ogni caso, la medicina esatta per ogni dolore.
Una volta, in una comunità cattolica di giovani fedeli estremamente timidi, utilizzai dei Burattini giganti.
Per le ragazze dell’orfanotrofio, che erano costrette dai loro tutori a tagliare corti i loro capelli, usai carta, pennelli e immensi rotoli di lana per la costruzione del loro vero autoritratto, con lunghissimi capelli da sogno.
E poi anche la danza, il teatro, la musica, quel che fosse stato necessario ad ogni momento particolare.
L’arte, per me, è una forma di guarigione.

Ci impegnavamo a creare progetti a vantaggio di comunità più isolate o povere, grande parte dei nostri interventi erano destinati anche a orfanotrofi ed i bambini, ormai già ci conoscevano.
Però, un atto d’amore, non riconosce età, classe sociale, sesso né religione e a questo punto il nostro volontariato si aprì, rivolto a tutta la Città.

Katia




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