INFORMAZIONI SU QUESTO LIBRO-BLOG

Questa storia narra di dieci anni vissuti da Katia e da Giuliano.
Il racconto è un "binario", costruito a "doppi capitoli", scritti individualmente dai due autori.
Ogni anno raccontato, dal 2003 al 2013, racchiude cinque capitoli, al termine dei quali,
si conclude un paragrafo e sono pubblicate delle immagini inerenti gli stessi capitoli.
Il libro, nel suo complesso, avrà pertanto 10 paragrafi, composti da 5 doppi capitoli ciascuno.
La pubblicazione di ogni nuovo capitolo avviene senza un tempo determinato, essendo attualmente in fase di creazione.

p.s.: non possiamo essere responsabili della traduzione tramite google che, purtroppo, risulta NON essere completamente compatibile con il testo originale in lingua italiana.

contatto:emaildiecianni@gmail.com
Grazie per seguirci.
Katia & Giuliano

domenica 2 marzo 2014

Capitolo 14 - incontri



Capitolo 14 - incontri

Un vecchio artista mi stava aspettando.
Chiuso in sé, come un riccio di 80 anni suonati, se ne stava lontano da tutto e tutti nella sua casa non lontano dal centro di Atibaia.
Sua moglie, giapponese, non parlava praticamente mai e si esprimeva con estrema gentilezza e ospitalità.
Come un’anziana geisha.
Il loro figlio, affetto da disturbi di natura psicologica, è un poeta riconosciuto e premiato.
Il vecchio artista, disegnatore di fumetti in pensione, alla sua epoca famoso in Montevideo in Uruguay, si ritrovò ad Atibaia in Brasile ad esser dimenticato come artista, come il grande creativo quale era stato nel passato.
I pesanti conflitti con la sua Atibaia lo avevano portato a chiudersi, fino a scomparire dal ricordo di se stesso.

Ho ben vivo in me il momento che mi trovai nel suo atelier, a registrare con una piccola telecamera un racconto della sua vita.
In quei momenti era tornato ragazzo, giovane, vivo.
Stava rivivendo quei giorni della sua gioventù intensamente, come fosse il suo presente e sembrava che mai nessuno fosse entrato tanto a fondo, nei suoi ricordi. Soprattutto un estraneo.
Ed io, estraneo straniero, ero nel suo atelier ad ascoltare la sua voce, il suo portoghese con marcato accento spagnolo e a registrare tutto, senza sapere esattamente il motivo.
Mi stancai moltissimo ma ero davvero felice nel vedere che, l’uomo che mi avevano indicato come in preda a profonda depressione e in stato di abbandono, insieme a me stava entrando in un nuovo momento della sua vita.

Il solo fatto di essere ascoltato da un italiano, per molti brasiliani che ho incontrato, voleva dire che l’Europa intera lo stava ascoltando.
Il “primo mondo”, come lo chiamano da quelle parti.
Ma in verità io avevo solo aperto il mio cuore e avevo capito molto poco del fiume di parole del suo racconto.
Il mio portoghese non era ancora così sviluppato, ma i miei sensi mi indicavano che ero al posto giusto e nel momento giusto.
E in qualche altro modo, capivo tutto.
Mi raccontò di come, quando bambino di strada, fu aiutato da un estraneo a intraprendere la strada dell’arte comprandogli attrezzature e materiali per il disegno, e iscrivendolo in una scuola.
Qualcuno ebbe fiducia in lui.
Nacque un artista, che pubblicò le sue opere e fece la sua storia, a Montevideo.
Fu anche pittore e tramandò l’arte al proprio figlio, anche lui sostenuto fino a sviluppare il proprio talento.

Dopo questa intervista, decisi che potevo fare la mia parte nel dare uno slancio all’arte di Atibaia e ai suoi artisti.
Inventai su due piedi una mostra di 5 artisti della città, che avrei portato con me
per un’esposizione che avrei realizzato in uno spazio concesso dal Comune di Genova.

Un semplice progetto, 15 opere in tutto, ma che avrebbero reso noti, almeno nella loro città, i 5 artisti in trasferta nel “primo mondo”.
La mia scelta cadde su artisti che, completamente diversi uno dall’altro, potevano raccontare il Brasile che avevo conosciuto fino a quel momento.
Dopo il vecchio artista ne intervistai altri quattro, per realizzare un unico video che sarebbe stato poi apprezzato all’esposizione a Genova.

Devo dire che le storie delle persone, le storie vere e da loro stessi raccontate, mi incantavano profondamente, ma non solo per la storia in sé, costruita di parole e movimenti, ma per ciò che contenevano e soprattutto per quel bagliore che, a volte fiebile e a volte accecante, durante la narrativa emettevano.
Era proprio quella luce, fondamentalmente, ciò che mi attraeva, quello che di più vero scorgevo nelle anime di chi incontravo, anche solo per pochi minuti.
Tutti abbiamo luce, chi più e chi meno evidente, chi più costante e chi meno.
A volte la ritroviamo solo dopo molto tempo, a volte quasi mai, ma in genere, la luce, lampeggia, a intermittenza, senza farci sapere quando lo farà, ci illumina e poi scompare di nuovo per un tempo ignoto, e per poi riaccendersi ancora, per ricordarci che è in noi e per ricordarci chi siamo.
Quelle luci mi chiesero di essere raccolte ed io, da fotografo, dovevo trovare o inventare nuovi mezzi per poterlo fare.
Avevo paura di cambiare la mia attrezzatura, quasi ci fosse il rischio di cambiar pelle, lavoro, identità e chissà se fossi riuscito a guadagnarmi da vivere con un nuovo mestiere.
Allora ci pensò per me un’amica, che mi prestò una piccola telecamera, per abituarmi, durante un viaggio che feci in Canada, a vedere le mie fotografie in movimento.
E poi mi fu prestata, ancora da un’amica, per il mio primo viaggio in Brasile.
E ancora mi fu regalata, da un’altra amica, per il mio secondo viaggio in Brasile.
Meno male che avevo tante amiche.
Le ringrazio qui mille e mille volte, per avermi indicato a quelle possibilità.

Quelle piccole telecamere amatoriali registrarono voci e realtà in movimento, di luoghi tanto diversi dalle mie abitudini. 
Intervistarono persone, diedero attenzione chi aveva qualcosa che fosse importante raccontare.
La diedero a un fervente giovane cattolico, al principio della realizzazione del suo sogno.
Diedero voce a una Mae de Santos, all’esordio nella sua carriera politica.
La diedero ad un Parroco molto amato, negli ultimi giorni di permanenza nella sua città.
Diedero voce al vecchio artista dimenticato, nell’ultimo periodo della sua vita.

Impossibile, si intende, riportare in queste righe tutto il vissuto di quei tempi, di questi anni, ma in questo viaggio di parole e di ricordi si attraversa e si sorvola quel panorama ricco di momenti indimenticabili, di dettagli di vita intensa, di sofferenze per scottature, di fastidi per i pidocchi e  infezioni, di disturbi per le aggressioni e di gioie per gli abbracci, di entusiasmi per i successi, di splendore per la bellezza incontrata.
Insomma infiniti e infiniti dettagli di un fiume che scorre, dove le sue acque si mischiano ad altri torrenti e a fiumi più grandi, e si divide per riunirsi ancora e crea lagune e cascate, vortici e paludi, e incontra alberi, animali e il vento, e accarezza pesci, foglie, pietre e nutre altre vite, che lo nutrono a loro volta, e continua, se lento o veloce non importa, nel suo procedere verso il Mare, la sua meta, ma non l’ultima.


Giuliano


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