Capitolo 14 - incontri
Un vecchio artista mi stava
aspettando.
Chiuso in sé, come un riccio di
80 anni suonati, se ne stava lontano da tutto e tutti nella sua casa non
lontano dal centro di Atibaia.
Sua moglie, giapponese, non
parlava praticamente mai e si esprimeva con estrema gentilezza e ospitalità.
Come un’anziana geisha.
Il loro figlio, affetto da
disturbi di natura psicologica, è un poeta riconosciuto e premiato.
Il vecchio artista, disegnatore
di fumetti in pensione, alla sua epoca famoso in Montevideo in Uruguay, si
ritrovò ad Atibaia in Brasile ad esser dimenticato come artista, come il grande
creativo quale era stato nel passato.
I pesanti conflitti con la sua
Atibaia lo avevano portato a chiudersi, fino a scomparire dal ricordo di se
stesso.
Ho ben vivo in me il momento che
mi trovai nel suo atelier, a registrare con una piccola telecamera un racconto
della sua vita.
In quei momenti era tornato
ragazzo, giovane, vivo.
Stava rivivendo quei giorni della
sua gioventù intensamente, come fosse il suo presente e sembrava che mai
nessuno fosse entrato tanto a fondo, nei suoi ricordi. Soprattutto un estraneo.
Ed io, estraneo straniero, ero
nel suo atelier ad ascoltare la sua voce, il suo portoghese con marcato accento
spagnolo e a registrare tutto, senza sapere esattamente il motivo.
Mi stancai moltissimo ma ero davvero felice nel vedere che, l’uomo che mi avevano indicato come in preda a profonda depressione e in stato di abbandono, insieme a me stava entrando in un nuovo momento della sua vita.
Mi stancai moltissimo ma ero davvero felice nel vedere che, l’uomo che mi avevano indicato come in preda a profonda depressione e in stato di abbandono, insieme a me stava entrando in un nuovo momento della sua vita.
Il solo fatto di essere ascoltato
da un italiano, per molti brasiliani che ho incontrato, voleva dire che
l’Europa intera lo stava ascoltando.
Il “primo mondo”, come lo
chiamano da quelle parti.
Ma in verità io avevo solo aperto
il mio cuore e avevo capito molto poco del fiume di parole del suo racconto.
Il mio portoghese non era ancora
così sviluppato, ma i miei sensi mi indicavano che ero al posto giusto e nel
momento giusto.
E in qualche altro modo, capivo
tutto.
Mi raccontò di come, quando
bambino di strada, fu aiutato da un estraneo a intraprendere la strada
dell’arte comprandogli attrezzature e materiali per il disegno, e iscrivendolo
in una scuola.
Qualcuno ebbe fiducia in lui.
Nacque un artista, che pubblicò
le sue opere e fece la sua storia, a Montevideo.
Fu anche pittore e tramandò
l’arte al proprio figlio, anche lui sostenuto fino a sviluppare il proprio
talento.
Dopo questa intervista, decisi
che potevo fare la mia parte nel dare uno slancio all’arte di Atibaia e ai suoi
artisti.
Inventai su due piedi una mostra
di 5 artisti della città, che avrei portato con me
per un’esposizione che avrei realizzato in uno spazio concesso dal Comune di Genova.
per un’esposizione che avrei realizzato in uno spazio concesso dal Comune di Genova.
Un semplice progetto, 15 opere in tutto, ma che avrebbero reso noti, almeno nella loro città, i 5 artisti in trasferta nel “primo mondo”.
La mia scelta cadde su artisti
che, completamente diversi uno dall’altro, potevano raccontare il Brasile che
avevo conosciuto fino a quel momento.
Dopo il vecchio artista ne
intervistai altri quattro, per realizzare un unico video che sarebbe stato poi
apprezzato all’esposizione a Genova.
Devo dire che le storie delle
persone, le storie vere e da loro stessi raccontate, mi incantavano
profondamente, ma non solo per la storia in sé, costruita di parole e
movimenti, ma per ciò che contenevano e soprattutto per quel bagliore che, a
volte fiebile e a volte accecante, durante la narrativa emettevano.
Era proprio quella luce,
fondamentalmente, ciò che mi attraeva, quello che di più vero scorgevo nelle
anime di chi incontravo, anche solo per pochi minuti.
Tutti abbiamo luce, chi più e chi
meno evidente, chi più costante e chi meno.
A volte la ritroviamo solo dopo
molto tempo, a volte quasi mai, ma in genere, la luce, lampeggia, a
intermittenza, senza farci sapere quando lo farà, ci illumina e poi scompare di
nuovo per un tempo ignoto, e per poi riaccendersi ancora, per ricordarci che è
in noi e per ricordarci chi siamo.
Quelle luci mi chiesero di essere
raccolte ed io, da fotografo, dovevo trovare o inventare nuovi mezzi per poterlo
fare.
Avevo paura di cambiare la mia
attrezzatura, quasi ci fosse il rischio di cambiar pelle, lavoro, identità e
chissà se fossi riuscito a guadagnarmi da vivere con un nuovo mestiere.
Allora ci pensò per me un’amica,
che mi prestò una piccola telecamera, per abituarmi, durante un viaggio che
feci in Canada, a vedere le mie fotografie in movimento.
E poi mi fu prestata, ancora da
un’amica, per il mio primo viaggio in Brasile.
E ancora mi fu regalata, da
un’altra amica, per il mio secondo viaggio in Brasile.
Meno male che avevo tante amiche.
Le ringrazio qui mille e mille
volte, per avermi indicato a quelle possibilità.
Quelle piccole telecamere
amatoriali registrarono voci e realtà in movimento, di luoghi tanto diversi
dalle mie abitudini.
Intervistarono persone, diedero
attenzione chi aveva qualcosa che fosse importante raccontare.
La diedero a un fervente giovane
cattolico, al principio della realizzazione del suo sogno.
Diedero voce a una Mae de Santos,
all’esordio nella sua carriera politica.
La diedero ad un Parroco molto amato, negli ultimi giorni di permanenza nella sua città.
La diedero ad un Parroco molto amato, negli ultimi giorni di permanenza nella sua città.
Diedero voce al vecchio artista
dimenticato, nell’ultimo periodo della sua vita.
Impossibile, si intende, riportare in queste righe tutto il vissuto di quei tempi, di questi anni, ma in questo viaggio di parole e di ricordi si attraversa e si sorvola quel panorama ricco di momenti indimenticabili, di dettagli di vita intensa, di sofferenze per scottature, di fastidi per i pidocchi e infezioni, di disturbi per le aggressioni e di gioie per gli abbracci, di entusiasmi per i successi, di splendore per la bellezza incontrata.
Insomma infiniti e infiniti
dettagli di un fiume che scorre, dove le sue acque si mischiano ad altri
torrenti e a fiumi più grandi, e si divide per riunirsi ancora e crea lagune e
cascate, vortici e paludi, e incontra alberi, animali e il vento, e accarezza
pesci, foglie, pietre e nutre altre vite, che lo nutrono a loro volta, e
continua, se lento o veloce non importa, nel suo procedere verso il Mare, la sua
meta, ma non l’ultima.
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