Capitolo 15 – cinque voci
Ritorno in Italia.
Nel mese di giugno, dopo la mia
seconda permanenza in Brasile, dopo 3 mesi tondi tondi ritornai a Genova.
Così lasciai Katia ad Atibaia e
lasciai Atibaia a Katia.
Eravamo d’accordo che mi avrebbe
raggiunto in Italia nel mese di ottobre.
E mentre lei coltivava la nostra semina io andavo a
seminare altrove, in attesa di ritrovarci nuovamente per raccogliere i frutti e
seminare ancora.
Ero dunque a Genova, al telefono
del solito phone center per stranieri, quando Katia mi raccontava emozionata
della continuazione dei nostri progetti.
Erano proseguite le presentazioni del teatro itinerante,
con i nostri amici volontari, negli orfanotrofi e per le strade di quartieri
carenti, poi altri corsi di disegno, un corso di lingua italiana e un convegno
pubblico sull’importanza dell’arte nell’educazione e nella Cultura.
Intorno a lei si muoveva
l’energia che avevamo rimescolato in tutti i mesi trascorsi insieme, una specie
di onda che non si fermava, grazie a lei che la continuava a tener viva.
E in Italia amici di altre parti
d’Italia si unirono a noi creando visibilità a darearte e a Genova aumentavano adesioni e la partecipazione
di chi mi incontrava per la prima volta.
Si parlava di darearte nei vicoli del centro storico e in un paio di teatri
di Genova, dove si realizzarono eventi promozionali.
Insomma, un fermento, anche se
molto modesto, era fiorito e avevo la sensazione che sarebbe potuto crescere.
“Cinque voci dal Brasile” fu il titolo dell’esposizione che inventai per
quello che sarebbe stato un altro progetto di interscambio attraverso l’Arte e
la Solidarietà.
Organizzai tutto in previsione
dell’arrivo delle 15 opere dal Brasile che, non avendo avuto appoggio economico
di nessuno, avrebbe portato Katia a mano e a nostre spese, nel suo lungo e
faticoso viaggio in Italia.
Non ci facemmo problemi
nell’affrontare e risolvere la questione del trasporto, sapevamo che ne sarebbe
valsa la pena e che, in chissà quale modo, ne saremmo stati ricompensati.
Nel mese di ottobre Katia arrivò
all’aeroporto di Milano, dove mi trovò ad attenderla, per accompagnare sia lei che le 15 pesanti
opere dei 5 Atibaiensi a Genova.
Anche questa volta stentai per qualche attimo a
riconoscerla.
Forse la distanza tra le persone trasforma qualche
dettaglio, che poi la nostra mente cerca di ricomporre più o meno rapidamente,
chissà.
Comunque ci ritrovammmo nuovamente a fianco, questa volta
in Italia, con l’impegno di creare un’esposizione artistica che avrebbe dato
continuità alla creazione del nostro metaforico ponte tra i nostri due Paesi.
E arrivò il giorno di “Cinque
voci dal Brasile” che portò a Genova, nella sua piccola esposizione, il colore ed il suono del Brasile che
avevo conosciuto.
Non so dire quanto questo fosse
stato recepito, ma le congratulazioni furono molto sentite, pertanto mi affido
a queste.
Nella grande sala espositiva si trovavano, riunite in
cerchio, le opere dei 5 artisti brasiliani e una didascalia dedicata, che li
rappresentava individualmente.
Al centro vi era un monitor che
proiettava il video che avevo realizzato appositamente per loro, le loro
interviste, le loro voci.
Per darearte era indissolubile il connubio di solidarietà e arte
e mai avremmo creato un progetto che non fosse stato formato basicamente con
questi due ingredienti, per questo in un’altra sala avevamo allestito una
seconda esposizione, quella dedicata ai bambini.
L’intervistatore di rai tre era simpatico e sorridente, relativamente giovane e
di certo ambizioso nella sua carriera professionale e, con la sua piccola
equipe, ci intervistarono per un servizio del telegiornale, che permise alla
mostra di avere visibilità e a noi di apparire in televisione.
A volte si fanno certe cose senza
saperne esattamente il fine e, li per lì, ne inventiamo uno generico per
motivare il nostro fare.
Infatti supposi che l’intervista
di rai tre avesse il fine di ottenere
una maggior risposta di pubblico per la mostra ma, scoprii solo dopo, fu in
realtà come lanciare un sasso in uno stagno che, con l’effetto delle sue onde nell’acqua,
avrebbe spostato inevitabilmente qualcosa.
E non potevamo avere certezza di cosa fosse quel
“qualcosa” e nemmeno avremmo potuto immaginarlo, in quei giorni.
Nella data stabilita della messa
in onda di quel servizio, eravamo insieme davanti al televisore come si assiste
alla finale dei mondiali, curiosi di sapere chi fossimo noi stessi attraverso
occhi di altri.
La realtà è anche un punto di
vista, sempre diverso, e dipende da chi la osserva.
Fu una sorpresa vederci parlare del nostro mondo, della nostra realtà, su quello schermo e forse avremmo potuto dire molte cose infatti, in quel momento, credetti di aver perso un’occasione.
Fu una sorpresa vederci parlare del nostro mondo, della nostra realtà, su quello schermo e forse avremmo potuto dire molte cose infatti, in quel momento, credetti di aver perso un’occasione.
Ma, come mi suggerisce un mio
intimo Amico, le occasioni non esistono.
Conclusa l’esposizione, avvertii
la sensazione che l’interscambio poteva e voleva crescere.
Potevo esserne parte continuando
a cavalcare l’onda, oppure tirarmi di lato abbandonando il gioco.
Ma penso che, generalmente e
spesso, le scelte non siano connesse al nostro reale desiderio.
Dunque andare avanti era una
logica naturale, ovvia.
E ormai giunti alla conclusione
del 2005, si intravedeva un nuovo anno, con il suo nuovo ciclo e i suoi nuovi
labirinti da percorrere.
Trascorsi la fine dell’anno per
la seconda volta con Katia, insieme dentro casa, distruggendo piatti vecchi sul
pavimento della cucina come forma di un insano rituale, e credo proprio che il
suo effetto sia stato davvero efficace e curiosamente simile a ciò che avremmo
vissuto poi, nell’avventura dell’anno che stava per nascere.
Giuliano
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