INFORMAZIONI SU QUESTO LIBRO-BLOG

Questa storia narra di dieci anni vissuti da Katia e da Giuliano.
Il racconto è un "binario", costruito a "doppi capitoli", scritti individualmente dai due autori.
Ogni anno raccontato, dal 2003 al 2013, racchiude cinque capitoli, al termine dei quali,
si conclude un paragrafo e sono pubblicate delle immagini inerenti gli stessi capitoli.
Il libro, nel suo complesso, avrà pertanto 10 paragrafi, composti da 5 doppi capitoli ciascuno.
La pubblicazione di ogni nuovo capitolo avviene senza un tempo determinato, essendo attualmente in fase di creazione.

p.s.: non possiamo essere responsabili della traduzione tramite google che, purtroppo, risulta NON essere completamente compatibile con il testo originale in lingua italiana.

contatto:emaildiecianni@gmail.com
Grazie per seguirci.
Katia & Giuliano

domenica 9 marzo 2014

Capitolo 15 – cinque voci


Capitolo 15 – cinque voci

Ritorno in Italia.
Nel mese di giugno, dopo la mia seconda permanenza in Brasile, dopo 3 mesi tondi tondi ritornai a Genova.
Così lasciai Katia ad Atibaia e lasciai Atibaia a Katia.
Eravamo d’accordo che mi avrebbe raggiunto in Italia nel mese di ottobre.
E mentre lei coltivava la nostra semina io andavo a seminare altrove, in attesa di ritrovarci nuovamente per raccogliere i frutti e seminare ancora.

Ero dunque a Genova, al telefono del solito phone center per stranieri, quando Katia mi raccontava emozionata della continuazione dei nostri progetti.
Erano proseguite le presentazioni del teatro itinerante, con i nostri amici volontari, negli orfanotrofi e per le strade di quartieri carenti, poi altri corsi di disegno, un corso di lingua italiana e un convegno pubblico sull’importanza dell’arte nell’educazione e nella Cultura.
Intorno a lei si muoveva l’energia che avevamo rimescolato in tutti i mesi trascorsi insieme, una specie di onda che non si fermava, grazie a lei che la continuava a tener viva.

E in Italia amici di altre parti d’Italia si unirono a noi creando visibilità a darearte e a Genova aumentavano adesioni e la partecipazione di chi mi incontrava per la prima volta.
Si parlava di darearte nei vicoli del centro storico e in un paio di teatri di Genova, dove si realizzarono eventi promozionali.
Insomma, un fermento, anche se molto modesto, era fiorito e avevo la sensazione che sarebbe potuto crescere.

“Cinque voci dal Brasile” fu il titolo dell’esposizione che inventai per quello che sarebbe stato un altro progetto di interscambio attraverso l’Arte e la Solidarietà.
Organizzai tutto in previsione dell’arrivo delle 15 opere dal Brasile che, non avendo avuto appoggio economico di nessuno, avrebbe portato Katia a mano e a nostre spese, nel suo lungo e faticoso viaggio in Italia.
Non ci facemmo problemi nell’affrontare e risolvere la questione del trasporto, sapevamo che ne sarebbe valsa la pena e che, in chissà quale modo, ne saremmo stati ricompensati.

Nel mese di ottobre Katia arrivò all’aeroporto di Milano, dove mi trovò ad attenderla, per  accompagnare sia lei che le 15 pesanti opere dei 5 Atibaiensi a Genova.
Anche questa volta stentai per qualche attimo a riconoscerla.
Forse la distanza tra le persone trasforma qualche dettaglio, che poi la nostra mente cerca di ricomporre più o meno rapidamente, chissà.
Comunque ci ritrovammmo nuovamente a fianco, questa volta in Italia, con l’impegno di creare un’esposizione artistica che avrebbe dato continuità alla creazione del nostro metaforico ponte tra i nostri due Paesi.

E arrivò il giorno di “Cinque voci dal Brasile” che portò a Genova, nella sua piccola esposizione, il colore ed il suono del Brasile che avevo conosciuto.
Non so dire quanto questo fosse stato recepito, ma le congratulazioni furono molto sentite, pertanto mi affido a queste. 
Nella grande sala espositiva si trovavano, riunite in cerchio, le opere dei 5 artisti brasiliani e una didascalia dedicata, che li rappresentava individualmente.
Al centro vi era un monitor che proiettava il video che avevo realizzato appositamente per loro, le loro interviste, le loro voci.
Per darearte era indissolubile il connubio di solidarietà e arte e mai avremmo creato un progetto che non fosse stato formato basicamente con questi due ingredienti, per questo in un’altra sala avevamo allestito una seconda esposizione, quella dedicata ai bambini.

L’intervistatore di rai tre era simpatico e sorridente, relativamente giovane e di certo ambizioso nella sua carriera professionale e, con la sua piccola equipe, ci intervistarono per un servizio del telegiornale, che permise alla mostra di avere visibilità e a noi di apparire in televisione.

A volte si fanno certe cose senza saperne esattamente il fine e, li per lì, ne inventiamo uno generico per motivare il nostro fare.
Infatti supposi che l’intervista di rai tre avesse il fine di ottenere una maggior risposta di pubblico per la mostra ma, scoprii solo dopo, fu in realtà come lanciare un sasso in uno stagno che, con l’effetto delle sue onde nell’acqua, avrebbe spostato inevitabilmente qualcosa.
E non potevamo avere certezza di cosa fosse quel “qualcosa” e nemmeno avremmo potuto immaginarlo, in quei giorni.

Nella data stabilita della messa in onda di quel servizio, eravamo insieme davanti al televisore come si assiste alla finale dei mondiali, curiosi di sapere chi fossimo noi stessi attraverso occhi di altri.
La realtà è anche un punto di vista, sempre diverso, e dipende da chi la osserva.
Fu una sorpresa vederci parlare del nostro mondo, della nostra realtà, su quello schermo e forse avremmo potuto dire molte cose infatti, in quel momento, credetti di aver perso un’occasione.
Ma, come mi suggerisce un mio intimo Amico, le occasioni non esistono.

Conclusa l’esposizione, avvertii la sensazione che l’interscambio poteva e voleva crescere.
Potevo esserne parte continuando a cavalcare l’onda, oppure tirarmi di lato abbandonando il gioco.
Ma penso che, generalmente e spesso, le scelte non siano connesse al nostro reale desiderio.
Dunque andare avanti era una logica naturale, ovvia.
E ormai giunti alla conclusione del 2005, si intravedeva un nuovo anno, con il suo nuovo ciclo e i suoi nuovi labirinti da percorrere.

Trascorsi la fine dell’anno per la seconda volta con Katia, insieme dentro casa, distruggendo piatti vecchi sul pavimento della cucina come forma di un insano rituale, e credo proprio che il suo effetto sia stato davvero efficace e curiosamente simile a ciò che avremmo vissuto poi, nell’avventura dell’anno che stava per nascere.

Giuliano


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